Al giorno d’oggi siamo abituati al concetto di progresso; ovvero a quella frenetica e, a tratti, irresistibile voglia di arrivare al raggiungimento di un obiettivo. E ciò si riflette sul modo in cui viviamo, pensiamo e agiamo. Influenza la società e le regole che la governano. E nel design, nulla può essere dissimile.
Si stima che entro il 2025 la sfera emozionale prenderà il sopravvento sul digitale, rendendo le interfacce più umane e personalizzabili. Empatia, inclusività e immersività: sono queste le caratteristiche richieste per una giusta costruzione esperienziale. E ciò, nel campo dello UX (User Experience) e dello UI (User Interface), non può che essere di fondamentale importanza.
Al giorno d’oggi siamo abituati al concetto di progresso; ovvero a quella frenetica e, a tratti, irresistibile voglia di arrivare al raggiungimento di un obiettivo. E ciò si riflette sul modo in cui viviamo, pensiamo e agiamo. Influenza la società e le regole che la governano. E nel design, nulla può essere dissimile.
Si stima che entro il 2025 la sfera emozionale prenderà il sopravvento sul digitale, rendendo le interfacce più umane e personalizzabili. Empatia, inclusività e immersività: sono queste le caratteristiche richieste per una giusta costruzione esperienziale. E ciò, nel campo dello UX (User Experience) e dello UI (User Interface), non può che essere di fondamentale importanza.
La figura del designer e, in generale, il design, si basano sulla ricerca costante di stimoli che avvengono attraverso l’osservazione dell’ambiente circostante; ambiente che può essere reale o virtuale. In entrambi i casi, vi è il comune bisogno di seguire un modello, ovvero una tendenza in grado di alterare e guidare tutte le correnti espressive, artistiche e strutturali. Dal 1973 (anno in cui venne concepita la prima interfaccia utente allo Xerox Palo Alto Research Center) a oggi, infatti, il concetto stesso di design è mutato significativamente. E se in un primo momento esso godeva di una pura accezione estetica, già dai primi anni ‘90 si è passati a una sua considerazione più funzionale per tutti coloro i quali hanno iniziato a definirsi utenti. Ciò ha dato origine, in tempi più recenti, a un fenomeno di massa in rapido e costante cambiamento: il trend.
Vediamo insieme, dunque, quali sono le principali tendenze 2024/2025 nel panorama dello UI:
Il neumorfismo è una tendenza del design digitale che ha guadagnato popolarità a partire dal 2020, affiancandosi ad altri stili come il glassmorphism e lo skeuomorphism. Questa tecnica mira a dare vita a interfacce utente che simulano la percezione tattile e visiva degli oggetti reali. Nato come reazione al minimalismo estremo del flat design, il neumorfismo riprende gli elementi essenziali di quest’ultimo, come i colori piatti e le linee semplici, ma li arricchisce con un tocco tridimensionale. Tramite l’uso di ombre delicate ed effetti di profondità simulati, le forme digitali acquisiscono un aspetto quasi tangibile, come se fossero state modellate tramite un materiale morbido. L’obiettivo del neumorfismo è quello di creare un’interfaccia utente più intuitiva e coinvolgente. Le forme morbide e le ombre delicate evocano una sensazione di comfort e familiarità, invitando l’utente a interagire con gli elementi sullo schermo.
Dall’inglese glass (vetro) e dal greco morphè (forma) è uno stile di progettazione visiva che utilizza elementi traslucidi e sfocati per creare un’interfaccia visivamente accattivante. Questa tecnica, che combina elementi di material design e neumorphism, concede alle applicazioni digitali un aspetto più leggero e arioso, sfruttando la trasparenza per conferire una sensazione di profondità alle interfacce digitali tramite la simulazione ottica del vetro. Inoltre, sovrappone elementi semitrasparenti su sfondi sfocati o a contrasto, creando un effetto di stratificazione che cattura l’attenzione dell’utente e definisce una gerarchia visiva.
Lo skeuomorphism è una tecnica di design che affonda le sue radici nel passato, risalendo all’antica arte di imitare le forme e le funzioni degli oggetti reali. Il termine deriva dal greco “skeuos” (contenitore) e “morphè” (forma), indicando chiaramente l’intenzione di riprodurre fedelmente oggetti fisici nel mondo digitale. L’obiettivo dello skeuomorphism è quello di rendere le interfacce utente più intuitive e familiari, sfruttando la conoscenza preesistente degli utenti sugli oggetti reali. Ad esempio, un’icona a forma di cestino rappresenta il concetto di eliminazione dei file, proprio come si farebbe con un cestino fisico. Personalità come Don Norman hanno contribuito a diffondere l’idea che le interfacce utente debbano essere progettate tenendo conto dell’esperienza utente e della familiarità con il mondo fisico. Giganti come IBM, Microsoft e Apple hanno adottato lo skeuomorphism nelle loro prime interfacce, rendendolo uno stile molto diffuso. Negli ultimi anni, lo skeuomorphism ha subito un declino, in favore di stili più minimalisti come il flat design e il material design. Questo perché l’eccessiva fedeltà agli oggetti reali può a volte risultare ridondante e rallentare l’interazione dell’utente. In conclusione, lo skeuomorphism ha svolto un ruolo fondamentale nell’evoluzione del design delle interfacce utente, facilitando l’approccio delle prime generazioni di utenti al mondo digitale. Tuttavia, con l’evoluzione delle tecnologie e delle aspettative degli utenti, questo stile ha lasciato spazio a nuove tendenze più essenziali e flessibili.
Possiamo dunque affermare che la vorticosa evoluzione del design contemporaneo, caratterizzata da un susseguirsi incessante di tendenze come il neumorfismo, il glassmorphism e lo skeuomorphism, nonostante ci invitino a esplorare nuovi territori estetici, rischiano di oscurare le solide fondamenta su cui questa disciplina si è costruita nel corso delle decadi. Mentre celebriamo l’innovazione e l’estetica sempre nuova, è fondamentale ricordare che le soluzioni di design più durature sono quelle che, pur adattandosi ai mutamenti tecnologici e culturali, affondano le loro radici nei principi estetici e funzionali che hanno guidato maestri del passato come Bauhaus e De Stijl. La frenesia del nuovo ci espone al pericolo di dimenticare che la bellezza e l’efficacia di un design non risiedono solo nelle ultime mode, ma anche nella capacità di interpretare e rielaborare le lezioni apprese dalle generazioni precedenti.
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